Counter


lunedì 5 dicembre 2022

ALESSANDRO MANZONI ? ERA UN BOTANICO!

             



Vi voglio parlare del grande scrittore e poeta Alessandro Manzoni, odiato dal 98% degli studenti italiani quando sono in età scolare, a causa della lettura loro imposta del suo romanzo; ma qui vi racconterò fatti nuovi e sconosciuti ai più!

Credo che il titolo vi abbia spiazzato, la stessa cosa è successa a me, quando cercando notizie relative ad un fiore strano mi sono ritrovata a leggere un brano del Manzoni, tratto dalla sua grande opera “I Promessi Sposi”, e più precisamente dal XXXIII capitolo, in cui lo scrittore narra del ritorno di Renzo al suo paese, dopo i mesi terribili di Milano. Renzo entra nel giardino della sua casa, devastato dall’incuria e dal passaggio dei Lanzichenecchi; il brano è conosciuto come “La vigna di Renzo” e di solito non è contenuto nelle antologie, perché giudicato dai critici come una digressione inutile e di cattivo gusto! Invece leggere il brano fa capire che Don Lisander, come lo chiamavano i suoi contemporanei, conosceva molto bene le specie vegetali spontanee, anche le erbe infestanti!

Il mio stupore è stato così forte che ho chiamato un’amica con elevate competenze letterarie per avere conferma e la risposta è stata: “Sì, il Manzoni era un grande Botanico!”

Tra poco analizzeremo il brano insieme, per coglierne la profondità, ma ora vediamo alcune notizie biografiche di Manzoni.

Alla morte di Carlo Imbonati, secondo marito di Giulia Beccaria, madre di Alessandro Manzoni, tutti i suoi averi passarono alla moglie, anche la Villa di Brusuglio, alle porte di Milano, che fu ristrutturata ed ingrandita e che assunse così le forme che tutt’oggi conserva, in stile francese; la villa era immersa in una grande tenuta.



E proprio in quella tenuta, il Manzoni che era appassionato di botanica, aveva progettato un parco di 1500 piante, in prevalenza ad alto fusto. Ecco l’elenco proveniente da Casa Manzoni a Milano:




Fu il primo a coltivare in Lombardia piante di agrumi, limoni in particolare, nonché ad importare dagli Stati Uniti le robinie, piantate con il compito di impedire frane e proteggere le rive. (Quanto mai lo ha fatto! Questa specie alloctona si è diffusa in tutto il Nord Italia, con effetti devastanti sugli ecosistemi).

Il Manzoni inoltre aveva allestito un frutteto con centinaia di alberi di mele, pere, albicocche, ciliegie e prugne.

Molto ben organizzato e ambizioso era anche il vigneto, dove crescevano viti pregiate. Lo scrittore fu anche uno sperimentatore di coltivazioni esotiche, come il cotone ed il caffè ma con scarsi risultati.

Nel vasto parco di Brusuglio, esisteva anche una risaia a fini domestici: le piantine venivano acquistate dal Manzoni in persona a Pavia.

Ma il vero core business delle produzioni fu l’allevamento dei bachi da seta, che seguiva con il figlio, il terzo avuto da Enrichetta Blondel, Filippo. Per il nutrimento dei bachi aveva impiantato nella tenuta una grande quantità di alberi di gelso, una specie bellissima, il mitico “murôn”, come lo chiamavano i contadini lombardi in omaggio a Ludovico il Moro.

Nelle annate buone la rendita era notevole e consentiva anche buoni accumuli di denaro, ricchezza che certo non gli dava la letteratura.

Ma c’è ancora una curiosità sul nostro Don Lisander … aveva scritto un trattato di Botanica!

Saggio d'una nomenclatura botanica è il titolo attribuito dal Bassi e ripreso dal primo editore, Ghisalberti, ai materiali che Manzoni scrisse per un saggio rimasto incompiuto. Scopo dello scritto è proporre una riforma della nomenclatura botanica che superi il binomio linneano fondato sulla sequenza nome del genere e nome della specie!

Egli riteneva infatti che il sistema binomiale fosse sì comune agli studiosi, ma non universalmente diffuso, e propose l'adozione di un singolo nome proprio.

Ma come il Manzoni contesta il lavoro enorme fatto dal mitico Linneo?!!

Provate, come ho fatto io, a risalire dai nomi comuni che aveva utilizzato, al nome scientifico, non è stata una passeggiata!

 

Ed ecco il testo dove ho sottolineato le specie che prenderò in considerazione:

La vigna di Renzo, agosto 1630 (attenti al mese e alla data)

E andando, passò davanti alla sua vigna; e già dal di fuori poté subito argomentare in che stato la fosse. Una vetticciola, una fronda d'albero di quelli che ci aveva lasciati, non si vedeva passare il muro; se qualcosa si vedeva, era tutta roba venuta in sua assenza. S'affacciò all'apertura (del cancello non c'eran più neppure i gangheri); diede un'occhiata in giro: povera vigna! Per due inverni di seguito, la gente del paese era andata a far legna - nel luogo di quel poverino -, come dicevano. Viti, gelsi, frutti d'ogni sorte, tutto era stato strappato alla peggio, o tagliato al piede. Si vedevano però ancora i vestigi dell'antica coltura: giovani tralci, in righe spezzate, ma che pure segnavano la traccia de' filari desolati; qua e là, rimessiticci o getti di gelsi, di fichi, di peschi, di ciliegi, di susini; ma anche questo si vedeva sparso, soffogato, in mezzo a una nuova, varia e fitta generazione, nata e cresciuta senza l'aiuto della man dell'uomo. Era una marmaglia d'ortiche, di felci, di logli, di gramigne, di farinelli, d'avene salvatiche, d'amaranti verdi, di radicchielle, d'acetoselle, di panicastrelle e d'altrettali piante; di quelle, voglio dire, di cui il contadino d'ogni paese ha fatto una gran classe a modo suo, denominandole erbacce, o qualcosa di simile. Era un guazzabuglio di steli, che facevano a soverchiarsi l'uno con l'altro nell'aria, o a passarsi avanti, strisciando sul terreno, a rubarsi in somma il posto per ogni verso; una confusione di foglie, di fiori, di frutti, di cento colori, di cento forme, di cento grandezze: spighette, pannocchiette, ciocche, mazzetti, capolini bianchi, rossi, gialli, azzurri. Tra questa marmaglia di piante ce n'era alcune di più rilevate e vistose, non però migliori, almeno la più parte: l'uva turca, più alta di tutte, co' suoi rami allargati, rosseggianti, co' suoi pomposi foglioni verdecupi, alcuni già orlati di porpora, co' suoi grappoli ripiegati, guarniti di bacche paonazze al basso, più su di porporine, poi di verdi, e in cima di fiorellini biancastri; il tasso barbasso, con le sue gran foglie lanose a terra, e lo stelo diritto all'aria, e le lunghe spighe sparse e come stellate di vivi fiori gialli: cardi, ispidi ne' rami, nelle foglie, ne' calici, donde uscivano ciuffetti di fiori bianchi o porporini, ovvero si staccavano, portati via dal vento, pennacchioli argentei e leggieri. Qui una quantità di vilucchioni arrampicati e avvoltati a' nuovi rampolli d'un gelso, gli avevan tutti ricoperti delle lor foglie ciondoloni, e spenzolavano dalla cima di quelli le lor campanelle candide e molli: là una zucca salvatica, co' suoi chicchi vermigli, s'era avviticchiata ai nuovi tralci d'una vite; la quale, cercato invano un più saldo sostegno, aveva attaccati a vicenda i suoi viticci a quella; e, mescolando i loro deboli steli e le loro foglie poco diverse, si tiravan giù, pure a vicenda, come accade spesso ai deboli che si prendon l'uno con l'altro per appoggio. Il rovo era per tutto; andava da una pianta all'altra, saliva, scendeva, ripiegava i rami o gli stendeva, secondo gli riuscisse; e, attraversato davanti al limitare stesso, pareva che fosse lì per contrastare il passo, anche al padrone.

Iniziamo con l’acetosella o Oxalis acetosella è una specie di piccole dimensioni, con le foglie simili al trifoglio, ma molto graziosa che annuncia l’arrivo della primavera. Il nome comune della pianta (acetosella) deriva dal sapore acidulo e aspro delle foglie usate anticamente come condimento per le insalate e che ricorda appunto l'aceto. Vi confesso che io l’ho assaggiata, è buona. 

E qui caro Manzoni hai toppato perché le acetoselle ad agosto non ci sono!


 

La radicchiella o Crepis foetida, si tratta di una specie erbacea annuale, appartenente alla famiglia delle Asteracee, con brutti fiori gialli che emana un cattivo odore, caratteristica già implicita nel nome, Linneo la chiamò fetida


La panicastrella o Echinochloa crus-galli è una Graminacea che può arrivare fino al metro e mezzo di altezza, con il culmo robusto liscio, piegato a ginocchio vicino alla base, poi eretto. Diciamocelo questa è proprio una brutta pianta infestante. 


Certo che all’epoca senza erbicidi nei campi cresceva un po’ di tutto e il Manzoni era un esperto di erbe infestanti.

Ed ora arriviamo al top delle erbacce … la zizzania!

Sto parlando del loglio,  Lolium temulentum,  più conosciuto come zizzania


Si tratta una specie annuale che cresce spontanea e infestante fra le messi, con fiori a spiga rossa; ha cariossidi simili a quelle del frumento, ma che possono essere talvolta velenose.

La pericolosità di questa pianta infestante è ben nota fin dai tempi antichi, soprattutto per l'alto potere intossicante. Infatti, il termine temulentum (ubriacante) è riferito agli effetti derivanti dall'ingestione di farine contaminate da funghi, ma di quale fungo si tratta?

 È lui il terribile Claviceps purpurea, un fungo ascomicete fitopatogeno, che attacca una vasta gamma di piante appartenenti alla famiglia delle Graminacee, molte delle quali economicamente importanti come grano, segale, avena e orzo. È nota da secoli la segale cornuta, dove i conetti neri inseriti sulla spiga, i famosi corni,  sono i corpi fruttiferi  del fungo stesso contenenti diversi alcaloidi velenosi o psicoattivi del gruppo delle ergotine,  tra cui l’acido lisergico, potentissimo allucinogeno.

Molti casi di psicosi collettiva, con allucinazioni e successiva visione di streghe e demoni, seguiti da processi inquisitori e sentenze di morte, sono stati causati da ingestione di farine contenente il Claviceps! Ricordate le Streghe di Salem? Ci sono anche casi italiani sia chiaro! 

 

Inoltre il loglio è protagonista della “Parabola del grano e la zizzania”, nel vangelo secondo Matteo (capitolo 13 versetti da 24 a 30), a cui vi rimando.

Da questa parabola deriva il noto modo di dire "Seminare zizzania", cioè disseminare di elementi conflittuali e critici un determinato scenario relazionale rimanendo nell'ombra.

Da essa deriva anche il detto "Separare il grano dal loglio", ossia separare le parti di qualità da quelle dannose tra esse nascoste. Dante cita la malapianta almeno in due occasioni: Purgatorio II, 124 e Paradiso XII, 119. L'influenza della parabola nella storia della cultura letteraria e popolare è complessivamente enorme.

 Ed ora uno dei miei arbusti autunnali preferiti … l’uva turca



Il binomio linneiano Phytolacca americana ci dice già molto, si tratta di una pianta nativa del Nord America; tutte le parti della pianta risultano tossiche per l'uomo e gli animali domestici.

In Italia è stata coltivata a partire dal 1642 in Veneto, presso l’Orto Botanico di Padova, è segnalata come spontaneizzata in Piemonte solo alla fine del XVIII secolo.

E qui caro Don Lisander ti ho ribeccato! Come poteva trovarsi nella vigna di Renzo, nel 1630, l’uva turca che arrivò in Italia dopo quella data?


Ma ti perdoniamo perché una descrizione così bella non l’avevo mai letta … più alta di tutte, co' suoi rami allargati, rosseggianti, co' suoi pomposi foglioni verdecupi, alcuni già orlati di porpora, co' suoi grappoli ripiegati, guarniti di bacche paonazze al basso, più su di porporine, poi di verdi, e in cima di fiorellini biancastri.


Ed eccoci arrivati al   tasso barbasso o  Verbascum thapsus , che, nonostante il nome non è affatto un animale, ma una splendida specie biennale di grandi dimensioni, che presenta grandi foglie lanose a terra, e diverse lunghe spighe ricoperte di vivaci fiori gialli, alcune volte assume  anche forme a candelabro! 

Il Caravaggio amava molto questa pianta, la troviamo ad esempio ai piedi di “San Giovanni Battista” o della Vergine nel “Riposo durante la fuga in Egitto” e comunque questa pianta aveva un valore simbolico estremamente importante di redenzione e rinascita.

 


Termino questa carrellata con il vilucchione o Convolvulus sepium

È una pianta erbacea perenne rampicante, ha foglie di grandi dimensioni e bellissimi fiori bianchi, la cui corolla, imbutiforme, è lunga fino a 6 cm.

 


 

Concludo dicendo che queste mie scoperte mi hanno fatto molto piacere, perché io sono stata una studentessa a cui “I Promessi Sposi” piacevano molto … in buona sostanza faccio parte di quel 2%. Ma devo confessarvi una cosa ... da quando ho scritto questo articolo per Pikaia, mi sono messa ad approfondire la Biografia del Manzoni, ed ho conosciuto un grande uomo, che nessuno dei  miei docenti di Lettere al Liceo, mi aveva presentato! Spero proprio che ora le cose vadano diversamente!


 

 


giovedì 27 ottobre 2022

IL MANZONI E LE ROBINIE

 



Del parco della Villa di Brusuglio, il Manzoni amava in particolare una collinetta, dove spesso si sedeva per ammirare il Monte Rosa.

Proprio lì il poeta piantò due giovani piante di robinia o Robinia pseudoacacia, una specie che amava molto.

Una sera  lui stava conversando con la giovane sposa Enrichetta Blondel là, in mezzo al verde e in quella pace. Lei si avvicinò alle due robinie, e con le sue mani attorcigliò l’una all’altra dicendo ad Alessandro: “Così vivranno le nostre vite!” E le robinie crebbero attorcigliate e forti, insieme.


Quando morì Enrichetta, il Manzoni, disperato, si recò presso le due robinie e nel loro tronco incise col coltellino una croce e volle coltivare egli stesso per lungo tempo attorno alle 2 piante un’aiuola di fiori.

 


Questo dipinto ad olio di Stefano Stampa, che ricorda il commovente episodio, è ancora appeso in quella che era la camera da letto del Manzoni a Brusuglio.

 

Nota Botanica

Parliamo ora della robinia … è una specie alloctona, proviene infatti dal Nord America e si è diffusa in tutta Europa, con effetti devastanti sull’ambiente, eliminando di fatto i bellissimi ecosistemi boschivi già esistenti da secoli.

Non possiamo però incolpare il Manzoni, perché fu introdotta in Europa già nel XVII secolo dal botanico francese Jean Robin, da cui prende anche il nome, e inizialmente era coltivata per il portamento elegante e la bella fioritura primaverile in parchi, giardini e lungo le strade.

Col tempo però la Robinia è sfuggita alla coltura ed ha invaso anche campi, pascoli, pendii stradali e sedi ferroviarie diventando un vero e proprio problema di difficile soluzione … un vero flagello!

 

Per terminare … caro Manzoni perché non hai scelto l’Acero? un albero, sempre di origine Nordamericana,  che in autunno si accende di bellissime sfumature rosse e non crea problemi!




martedì 19 luglio 2022

 

BICENTENARIO

 per

 GREGOR MENDEL

 " The Peas Whisperer"






Non posso lasciar trascorrere questo importantissimo Anniversario, senza scrivere nulla di Gregor Mendel, sarà per oggi solo un breve ricordo ... ma non preoccupatevi tra non molto vi beccherete il mio solito articolo biografico che non finisce più!

Iniziamo con la data di nascita … fino a pochi anni fa tutti dicevano che fosse il 22 luglio 1822, ora invece nuovi dati, dopo 200 anni, dicono che sia nato il 20 e battezzato il 22! Vabbè

Anche il luogo di nascita è un problemino non da nulla … perché i nomi tedeschi dei luoghi in cui visse Mendel sono ora scritti in lingua ceca



Gregor Johann nacque in una famiglia contadina di lingua tedesca a Heinzendorf, ora Hynčice, un piccolo paese rurale in quella che un tempo era la regione della Slesia ed apparteneva all’Impero Austro Ungarico; ora la regione è parte della Repubblica Ceca ed è chiamata Moravia-Slesia.

I genitori di Gregor erano Anton Mendel e Rosine Schwirtlich, la famiglia comprendeva anche due sorelle, una maggiore, Veronika e una minore, Theresia.

Durante l'infanzia a Johann piaceva lavorare nel giardino di casa con il padre ed amava già le api.

Frequentò le Scuole Elementari nel suo villaggio, dimostrando di essere un bambino molto intelligente, cosicché la sua scuola lo raccomandò alla scuola Scolopica di Lipník.

In seguito si iscrisse al liceo di Troppau, oggi Opava all’età di 12 anni.

Nel 1840 Mendel andò all’istituto di filosofia di Olmütz, oggi Olomouc.

Purtroppo i suoi genitori non erano in grado di pagare i suoi studi, Johann allora si guadagnò da vivere dando ripetizioni ai suoi compagni di classe meno dotati. Furono 3 anni di stenti e sacrifici e anche la sua salute ne risentì.  

Era chiaro che non avrebbe potuto continuare gli studi in quelle condizioni, decise allora di appoggiarsi ad un ordine religioso, come fecero altri illustri naturalisti nel suo stesso periodo.



Quindi nel 1843 Johann Mendel entro a far parte dell’Ordine Agostiniano nel monastero di Brno Antica, dove fu accolto dai frati agostiniani e dall'abate Cyrill Napp. Prese il nome monastico di Gregor, che è tradizionalmente indicato prima del suo nome proprio.

Il monastero privilegiava l'impegno accademico alla preghiera, dato il fatto che lo studio era considerato la più alta forma di orazione. Ciò costituiva un vantaggio per Mendel: lì poteva finalmente dedicarsi allo studio delle sue discipline preferite:  matematicabotanicameteorologia.

Con l’adesione all’ordine si aprirono a Gregor Mendel nuove opportunità di educazione e di ricerca. Il suo superiore, Abate Napp, lo mandò a studiare all’Università imperiale di Vienna, lì Mendel divenne quasi subito assistente all'Istituto di Fisica, ruolo riservato agli studenti migliori.

Nel 1853 Mendel ebbe insegnanti bravissimi¸ come Andreas von Ettingshausen, fisico e matematico tedesco da cui Gregor apprese il calcolo combinatorio e la Statistica. Il fisico Christian Doppler da cui aveva imparato ad usare il Metodo Sperimentale e a preparare gli apparati per gli esperimenti stessi.

Ma vi rendete conto Doppler, famoso per le ipotesi di ciò che oggi conosciamo come effetto Doppler, che ci ha permesso di interpretare il Red Shift delle galassie! pazzesco

Che dire poi di Franz Unger, botanico e fisiologo vegetale austriaco da cui Gregor apprese le tecniche più avanzate di impollinazione artificiale, ma soprattutto Enger aveva aperto la  mente  di Mendel all’Evoluzionismo e lo aveva liberato dalle costrizioni creazioniste del Monastero!


Nel 1853 ritornò a Brno dove costruì la serra in cui condurre i suoi esperimenti, nell’orto dell’Abbazia.

Una scelta fortunata portò Mendel a lavorare su Pisum sativum, le piante di piselli!




Per compiere i suoi esperimenti coltivò e analizzò durante i sette anni di esperimenti circa 28. 000 piante di piselli; successivamente impegnò un biennio per elaborare i suoi dati.

Il risultato delle sue ricerche porto alla formulazione dei tre principi, che oggi conosciamo come le Leggi di Mendel.



Nell'inverno 1865 Mendel ebbe l'occasione di esporre il lavoro di una vita a un pubblico di circa quaranta persone, tra cui biologi, chimici, botanici e medici, in due conferenze tenute rispettivamente l'8 febbraio e l'8 marzo, ma nessuno riuscì né a seguire né a comprendere il suo lavoro.

L'anno successivo pubblicò il suo testo dal titolo Esperimenti sull'ibridazione delle piante, facendone stampare quaranta copie, che inviò agli scienziati più famosi d'Europa, per invitarli alla verifica della sua grande scoperta mediante ulteriori esperimenti. Questa poteva essere l'occasione del suo tanto atteso e desiderato riconoscimento, ma l'unico che si interessò al suo operato fu il botanico svizzero Karl Wilhelm von Nägeli, personaggio ancora “under investigation” col quale rimase in contatto per molto tempo. Probabilmente lo parassitava !

Nel 1868 fu eletto priore della Abbazia dove viveva da sempre, evento che gli lascio poco tempo per i suoi esperimenti.

Mantenne però i suoi due hobbies, l’Apicoltura e la Meteorologia. Fece costruire un alveare secondo un suo progetto nel giardino del monastero, e fece misurazioni metereologiche tre volte al giorno in molte parti dell’edificio, delle quali tenne meticolose registrazioni.

Gregor Johann Mendel morì di nefrite acuta, il 6 gennaio 1884. Riposa ora nel cimitero centrale di Brno.

Purtroppo il suo lavoro non ricevette riconoscimenti per anni, probabilmente nessuno era in grado di comprendere il suo approccio statistico!

Sappiamo che nella biblioteca di Darwin a Down House  è stato trovato il suo libro, mai letto.

Poi dal 1900 le sue scoperte furono ritrovate da tre botanici, Erich Von Tschermak di Vienna, Carl Correns di Berlino e Hugo De Vries di Amsterdam … ora Gregor Mendel è chiamato il “Padre della Genetica”

  Concludo sottolineando come Mendel sia stato “un Monaco rubato alla Scienza”, per ragioni economiche ben inteso!

 

    … a presto!


lunedì 9 maggio 2022

Tycho Brahe il Principe delle Stelle

 


Genio e sregolatezza, passione e audacia: sono questi i termini più adatti e significativi per descrivere e raccontare la biografia di uno dei personaggi più importanti e affascinanti di tutta la storia dell’Astronomia: Tycho Brahe.

Era nato il 14 dicembre del 1546 in Danimarca, nel Castello di Knutstorp, oggi in territorio svedese, ma allora parte del territorio Danese. Tycho era figlio di Otto Brahe e Beate Bille, due ricchissimi e importanti membri della nobiltà danese. 

Purtroppo però, la sventura bussò prestissimo alla sua porta: alla tenera età di 2 anni egli venne rapito dallo zio paterno e consigliere del Re, Jorgen Brahe, in quanto quest’ultimo non aveva figli.

Ed ecco che immediatamente i nostri pensieri vanno, oltre che al piccolo Tycho, anche ai genitori, disperati e in lacrime per il tragico avvenimento… o forse no?

La risposta è: tragicamente, no! I genitori di Tycho non fecero assolutamente nulla per riaverlo con sé; dunque il giovane studiò astronomia a Copenaghen, Wittenberg e Basilea, aiutato economicamente dallo zio-rapitore. 

Già da ragazzo, e nonostante le sue travagliate vicende biografiche, egli dimostrò uno spiccato senso critico e capì ben presto che il progresso nella Scienza Astronomica poteva essere ottenuto solo con un’osservazione rigorosa e sistematica, attraverso l’uso di strumenti accurati e precisi. Il 21 agosto 1560 ci fu un'eclissi di sole che impressionò profondamente il giovane Tycho.

Nel 1565 lo zio Jorgen morì e Brahe ricevette una sostanziosa eredità che, malgrado l'opposizione della famiglia, scelse d'investire nelle sue ricerche in campo astronomico. Ah sapete come morì lo zio? In un modo singolare naturalmente …  in seguito a una polmonite contratta durante il salvataggio del Re di Danimarca, state pensando ad una battaglia? No sbagliato! era caduto in un canale di Copenaghen, sarà stato un po’ su di giri?


Fondamentale nella fantastica biografia del nostro Tycho, però è sicuramente il suo naso. Già avete capito bene: il naso! Quando era ancora studente, e precisamente il 29 dicembre 1566, Brahe ebbe una discussione con un certo Manderup Parsbjerg durante un ballo a casa di un suo professore universitario, la contesa sarebbe nata da un semplice disaccordo matematico. 

Nel duello al buio che ne seguì, egli perse parte del setto nasale. Per tutto il resto della sua vita Tycho fu dunque costretto a portare una protesi d’oro rosso, anche se recenti studi sui resti del suo corpo indicherebbero che il materiale della protesi in realtà fosse rame.  L’ipotesi più plausibile è che il povero Tycho indossasse una protesi d’oro rosso (molto pesante) durante i ricevimenti mondani, mentre invece portasse una protesi di rame nella vita di tutti i giorni. 

Nel novembre del 1572 Tycho osservò una nuova stella molto luminosa nel cielo, apparsa improvvisamente nella costellazione di Cassiopea, che osservò per un anno, studiandone la variazione di luminosità.  Poiché fin dall’antichità si riteneva che il Cielo delle Stelle Fisse fosse immutabile ed eterno, questa scoperta fu un’importante conferma e un grande appoggio per la confutazione dell’immutabilità delle sfere celesti. Tycho pubblicò nel 1573 un piccolo libro, De Stella Nova, nel quale egli descriveva una “nuova stella”, che oggi noi sappiamo essere stata una supernova.

Brahe purtroppo credeva in un modello ibrido geo-eliocentrico, detto poi tyconico, secondo il quale tutti i pianeti ruotavano attorno al sole, e questo sistema poi ruotava attorno alla Terra immobile e al centro dell’Universo … orrore e raccapriccio!!!

E l’amore? Poteva essere senza problemi? No!  nel 1572 si innamorò di donna non nobile: Kirsten figlia di Jørgen Hansen, il pastore luterano di Knudstrup.  I due si sposarono malgrado l'opposizione della famiglia, ed ebbero sei figli, ma né Kirsten, né i figli diventarono nobili. 

L’intelligenza e l’abilità di Tycho non passarono di certo inosservate e Federico II Re di Danimarca, per timore di perderlo gli donò l’isola di Hveen e si impegnò a costruirgli un osservatorio a spese dello stato. Nacque così un maestoso edificio chiamato Uranjborg (castello del cielo), nel quale egli compì numerose ed importanti osservazioni. Il castello infatti possedeva torri di osservazione con tetti mobili, una biblioteca, un laboratorio di alchimia e altri locali di lavoro. Era una meraviglia!



Purtroppo però, conosciamo bene il titanico carattere del nostro caro Tycho, e non ci deve sorprendere il fatto che, esaltato e megalomane, egli iniziò ben presto a tiranneggiare i poveri abitanti dell’isola di Hveen, a tutti gli effetti suoi sudditi.

Nel suo castello si circondò persino di una stranissima “corte”, composta da un “nano-buffone” di nome Jepp. I due erano molto amici, ma non potevano sedere assieme a tavola, a causa della differenza di classe; e allora Brahe pensò bene di risolvere il problema facendo mangiare Jepp sotto il tavolo!

Inoltre aveva un alce, di nome Rix, come “animaletto domestico”, che lo seguiva ovunque, come un cagnolino nonostante le sue dimensioni gigantesche! Rix amava la birra in modo incredibile; Tycho lo portava a tutte le feste, purtroppo il tapino morì cadendo dalle scale dopo una serata particolarmente alcolica. Prosit!

La Strana Coppia 

Dopo la morte di Federico II, Brahe si trasferì a Praga nel 1598 a causa di disaccordi insanabili con il nuovo re di Danimarca Cristiano IV, di cui riparleremo.

A Praga l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, su cui si potrebbe scrivere più di un articolo, gli consentì di costruire un nuovo osservatorio, in un castello a Benátky, a 50 km da Praga, nel quale Tycho compì osservazioni con un’accuratezza impareggiabile per i suoi tempi. Nel 1599 Tycho invitò a Praga Johannes Kepler, per assisterlo nelle sue ricerche e aiutarlo con le orbite dei pianeti.

Il rapporto tra i due era burrascoso, perché Kepler era un copernicano convinto e Tycho … ne abbiamo già parlato! Comunque Kepler lavorò sui dati dell’orbita di Marte, fornitegli da Brahe, scoprendo che l’orbita non era una circonferenza, bensì un’ellisse!

Al termine di una vita così tormentata e ricca di esperienze di tutti i tipi, la morte di Tycho non poteva che essere un complesso e intricato “cold case”, degno delle più importanti indagini stile telefilm americano! Allora i fatti …

Il 13 ottobre 1601 Brahe fu invitato ad un banchetto e all'epoca era considerata cattiva educazione alzarsi da tavola prima del proprio anfitrione, anche per recarsi in bagno! Durante il banchetto, Brahe ebbe necessità di liberarsi, ma per non peccare di scortesia si trattenne più di quanto fosse raccomandabile. Questo gli provocò la lacerazione totale della vescica. Dopo undici giorni di dolorosa agonia, Tycho spirò a Praga il 24 ottobre 1601.

Quando la sua tomba venne aperta nel 1901, a 300 anni dalla sua morte, vennero trovate quantità anomale di mercurio nella barba e nei baffi! 

Il 15 novembre 2010, la salma di Tycho venne riesumata nuovamente a Praga per ulteriori analisi e approfondimenti: al lavoro un gruppo di scienziati guidati dall’archeologo danese Jens Vellev, dell’Università di Aarhus (Danimarca). I risultati vi state chiedendo?

Nessuno … questi geni non trovarono tracce di veleni e neppure il mercurio! Che cocente delusione!

Riguardo alle cause della sua morte vennero fatte diverse ipotesi, vediamole.

1) Brahe morì avvelenato involontariamente dal mercurio, che egli utilizzava per i suoi studi di Alchimia; il tutto appare però poco plausibile, dato che Tycho ben conosceva la pericolosità della sostanza.

2) Il colpevole era Kepler, ipotesi non ammissibile, anche per la correttezza estrema del grande astronomo e matematico tedesco.

E allora …

3) Tycho venne ucciso dal cugino Erik Brahe, giunto a Praga poco prima della tragedia. Costui era in realtà un sicario ingaggiato dal Re di Danimarca Cristiano IV. Ma cosa importava di Tycho al Re? 

C’era un motivo importante Cristiano era chiamato “il Re Bastardo” perché tutti dicevano che fosse figlio di Brahe, che nel periodo in cui lui nacque era l’amante della Regina Sophie! Così lo fece uccidere, come se la cosa potesse cambiare qualcosa! 

Vi metto le fotografie   per un confronto …comunque Cristiano è sepolto nella cattedrale di Roskilde, fare un’analisi del DNA, risolverebbe tutto!

Cristiano IV

Regina Sophie

Alcuni storici pensano che questa storia abbia ispirato a Will Shakespeare il suo Amleto, terminato nel 1602 e ambientato in Danimarca. Ricordate la battuta: C’è del marcio in Danimarca (Something is rotten in the state of Denmark) ? Eh … 

Ma dimentichiamoci di tutto questo … il grandissimo astronomo Tycho Brahe riposa, sotto un cielo di stelle, nella bellissima chiesa di Santa Maria in Týn a Praga.


Il tono brioso del mio articolo non vi ha certo fatto pensare che io ho sempre avuto un’ammirazione smodata per Lui. Così 4 anni fa uno di quelli che i miei amici, gente strana come me Storici della Scienza, chiamano Pilgrimage, mi ha portata a Praga per rendere omaggio a Tycho. Vi metto le immagini che ho scattato.




Vi lascio con un consiglio di lettura:


L'uomo dal naso d'oro. Tycho Brahe e Giovanni Keplero: la strana coppia che rivoluzionò la scienza di Kitty Ferguson

Tutti gli altri saggi sono in altre lingue: inglese, ma spesso in tedesco e danese! 

 


domenica 6 febbraio 2022

 

                       

 MARIANNE & CHARLES



Il più Famoso estimatore di Marianne North fu Charles Darwin, il naturalista inglese le cui meticolose osservazioni diventarono le fondamenta della biologia evolutiva.

 Nel 1880 Mrs. Linchfield, Henrietta Darwin,  chiese a Marianne North di andare a trovare suo padre, Charles Darwin, che “voleva incontrarmi ma non poteva salire le scale”. North si riferisce a Darwin come “il più grande uomo vivente, il più degno di fiducia, ed anche il più altruista ed il più modesto, poiché cercava sempre il modo di dare ad altri piuttosto che a se stesso il merito del suo stesso lavoro e pensiero” ***

La capacità di Darwin di “far risaltare gli aspetti migliori degli altri” si estese anche a Marianne a cui lui consigliò di vedere e dipingere la vegetazione Australiana “che era differente da quella di qualsiasi altro paese”. 

North, prendendo il consiglio di Darwin come “un ordine reale”, ci andò “immediatamente” e  con entusiasmo ritornò a Down house nel 1881 per sedere con Darwin e i suoi figli sotto un albero ad  esaminare insieme i suoi dipinti. Secondo North, Darwin dimostrò “con poche parole quanto più ne sapesse sull’argomento di chiunque altro, me stessa inclusa, malgrado io le avessi viste e lui no”. Fu così forte la profondità del loro reciproco rispetto, che quando North si stava preparando a partire, Darwin “insistette a impacchettare i suoi disegni e a portarli e caricarli personalmente sulla carrozza”. 

Darwin mandò a Marianne un breve nota dopo la sua visita per dimostrarle l’apprezzamento del suo lavoro e la loro amicizia.


2nd August 1881 My Dear Miss North, 

 I am much obliged for the “Australian Sheep,” which is very curious. If I had I seen it from a yard’s distance lying on a table, I would have wagered that it was a coral of the genus Porites. I am so glad that I have seen your Australian pictures, and it was extremely kind of you to bring call up with considerable vividness scenes in various countries which I have seen, and it is no various countries which I have seen, and it is no small pleasure; but my mind in this respect must be a mere barren waste compared with your mind. 

I remain, dear Miss North, yours, truly obliged,




2 Agosto 1881, Mia Cara Miss North, vi sono veramente obbligato per l’Australian Sheep (Gastrolobium bilobum) che è una pianta veramente curiosa. Se l’avessi vista da una yarda appoggiata su un tavolo avrei ipotizzato fosse un corallo del genere Porites. Sono grato di aver visto i vostri dipinti Australiani, e fu estrema gentilezza da parte vostra richiamare alla mente con considerabile vividezza scenari in diversi paesi che io ho visto, e non sono pochi quelli che ho visto ed è stato un grande piacere; ma la mia mente rispetto a questo sembra essere una semplice terra deserta comparata con la vostra mente. Resto, cara Miss North, il vostro sinceramente obbligato ...


*** Metto questa nota per mostrare, ancora una volta come siano false le dicerie, che girano da pochi anni, che Darwin abbia copiato tutto da Alfred Wallace, ma per cortesia tacete!