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giovedì 21 novembre 2019

IL GIOVANE LEONARDO




L’Antefatto


Leonardo nacque il 15 aprile 1452 ad Anchiano, frazione di Vinci da una relazione amorosa tra il giovane notaio ventiseienne Ser Piero da Vinci e la giovanissima Caterina di Meo Lippi, di circa 16 anni, figlia di fittavoli della famiglia da Vinci.
I due si conobbero nell’estate del 1451 nelle bellissime campagne che ancora oggi circondano la piccola città di Vinci, ricche di ulivi e viti. Ser Piero illuse l’ingenua Caterina, dicendole che l’avrebbe sposata, ma così non fece e dopo due mesi tornò a Firenze, dove si fidanzò con Albiera di Giovanni Amadori, ragazza di ricca famiglia. Caterina si accorse di essere incinta e lo comunicò a Ser Antonio e alla moglie Lucia.


Quando il giovane notaio venne a conoscenza della notizia, ne fu felice e disse a Caterina che avrebbe dato al bimbo il suo cognome, ma che non avrebbe potuto riconoscerlo legalmente perché nato fuori dal matrimonio. La giovane partorì nella propria casa ad Anchiano, ma il piccolo Leonardo le fu tolto dai Nonni, che lo portarono nella loro dimora a Vinci.
Il Nonno paterno Ser Antonio così ricorda con orgoglio la nascita del primo nipote:

Nacque un mio nipote, figliolo di ser Piero mio figliolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte.
Ebbe nome Lionardo. Battizzollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci, in presenza di Papino di Nanni…”

Il bimbo venne battezzato nella piccola chiesa di Santa Croce in Vinci, ove ancora oggi è possibile vedere il Fonte Battesimale e la targa che riporta l’annuncio di Ser Antonio.



 

Pochi giorni dopo Caterina venne accolta nella casa dei Nonni, in qualità di balia! Così veniva chiamata da tutti … la Balia di Leonardo, non la Madre. Certo Leonardo, che doveva essere intelligentissimo già in tenera età, sapeva benissimo che Caterina era sua Madre, anche perché in seguito ebbe solo una serie di Matrigne, Ser Piero infatti ebbe il primo figlio legittimo, dalla sua terza moglie, quando Leonardo aveva già 24 anni! Una piccola rivincita del Destino su un uomo che non riuscì mai ad amare e a comprendere il suo prodigioso figliolo.Dopo circa un anno la giovane venne allontanata da Leonardo e data in sposa ad un brav’uomo, il ceramista Antonio Buti del Vacca, un ex soldato di ventura, dal quale ebbe cinque figli.


Molti anni dopo la povera Caterina raggiunse Leonardo a Milano, ove lui lavorava per il Moro, e trascorse con lui gli ultimi due anni della sua vita.



La Madre araba

 

Voglio qui spendere poche parole per informare i lettori che quanto ho scritto sui genitori di Leonardo è provato da dati storici e catastali raccolti a Vinci e a Firenze.
Come mai lo faccio? Semplicemente perché in questo periodo spuntano ipotesi deliranti sulla Madre di Leonardo! Da impronte digitali da lui lasciate sul San Girolamo, sedicenti esperti hanno affermato che il Genio Universale fosse di origini arabe, come se dalle impronte digitali si potesse dedurre l’etnia di una persona!

Quindi la Madre di Leonardo era araba? o una schiava circassa, o mediorientale? E poi uno chiede ma queste schiave si chiamavano Caterina? Tipico nome orientale eh!
Ma la più bella è recentissima … ci hanno anche scritto un libro: Colei che generò Leonardo era di Hong Kong, infatti quando vedrete più avanti il frutto di questo incrocio, noterete i caratteristici occhi a mandorla e le altre caratteristiche del Fenotipo Cinese.


Gli Anni trascorsi a Vinci

 
Ser Piero si stabilì a Firenze con la moglie, Leonardo invece rimase a Vinci con i Nonni e lo Zio Francesco.
Questo è confermato nella dichiarazione per il Catasto di Vinci dell'anno 1457, ove si riporta che Ser Antonio aveva 85 anni e abitava nel popolo di Santa Croce, marito di Lucia, di anni 64, e aveva per figli Francesco e Piero, d'anni 30, sposato ad Albiera, ventunenne, e con loro convivente era «Lionardo figliuolo di detto ser Piero non legittimo nato di lui e della Chaterina che al presente è donna di Antonio del Vacca da Vinci, d'anni 5».

Tra Leonardo e lo Zio Francesco c’era un’ottima intesa, spesso esploravano le campagne e i boschi intorno a Vinci; Leonardo era felice perché poteva osservare fiori ed animali, un amore per la Natura che traspose nei dipinti e nelle sue ricerche sul volo.
Conosceva bene e distingueva le diverse, mi verrebbe da dire specie, ma è un termine che fu introdotto tre secoli dopo; quindi dirò distingueva i diversi tipi di fiori. Infatti quando realizzò quel dipinto meraviglioso che è l’Annunciazione, li riprodusse in grande numero e con molta esattezza.

La Corporazione dei Notai di Firenze, non ammetteva figli illegittimi, per cui Ser Piero non si preoccupò di dare un’istruzione al figlio!
La sua educazione fu piuttosto disordinata e discontinua, senza una programmazione di fondo e suoi precettori furono il nonno Antonio, lo zio Francesco e il Sacerdote che l’aveva battezzato. Il fanciullo imparò infatti a scrivere da solo, con la mano sinistra, scrivendo sul foglio da destra a sinistra, in maniera del tutto speculare alla scrittura normale.
Sappiamo da Giorgio Vasari, che infine il padre (bontà sua), iscrisse il figlio alla scuola dell'Abaco, dove apprese le basi dell'Aritmetica e della Geometria e che se ne allontanò perché l'insegnante non soddisfaceva le sue richieste di spiegazioni: “movendo di continuo dubbi e difficultà al Maestro che gl’insegnava, così bene, che spesso lo confondeva”

Leonardo comunque recuperò quando a Milano conobbe il grande matematico Fra’ Luca Pacioli, che lo introdusse ai Misteri della sua Scienza; egli fu attratto soprattutto dalla Geometria e da alcune tipologie di problemi ad essa collegabili, che presentavano un interesse anche da un punto di vista pittorico e architettonico.
 
 

Si va a Firenze …


 

Nel 1464 Ser Piero portò Leonardo a Firenze, includendolo nella sua famiglia. Fin da piccolo Leonardo amava tracciare linee e disegni sulla carta di buona qualità, che certo non mancava nella casa del Nonno; anche suo padre si era accorto che il figlio aveva buona attitudine per il disegno.
 
Poi un giorno un fittavolo si recò da Ser Piero con una bella rondella di legno, chiedendogli di farla decorare da un pittore, lo avrebbe risarcito con della cacciagione. Ma anziché pagare un pittore lui portò il disco a Leonardo e gli chiese se voleva dipingerlo; il ragazzo si chiuse nella sua stanza per una settimana! Aveva deciso di creare uno scudo da guerriero, vi dipinse infatti la testa di Medusa, per renderla ancora più spaventosa aggiunse serpi, lucertole, grilli, locuste e ramarri, tutti rigorosamente dipinti dal vivo! Quando l’opera fu terminata il ragazzo fece entrare il padre nella sua stanza, aprì le scuri e lasciò entrare la luce; Ser Piero si spaventò moltissimo, ma poi quella Medusa con il volto incorniciato da animali gli piacque molto! Naturalmente lo vendette subito per 100 scudi a dei mercanti. Così era il padre di Leonardo … il giudizio lo lascio a voi lettori.
 
Come per altre opere del Genio di Vinci non si sa dove sia finito lo scudo, dopo essere stato per un periodo proprietà del Duca di Firenze Cosimo de’ Medici. Pieter Rubens immagine e Caravaggio immagine  lo videro sicuramente, ma forse fu più Rubens ad ispirarsi all’opera di Leonardo.
Allora Ser Piero, facendo finalmente una scelta illuminata, portò Leonardo nella Bottega di Andrea del Verrocchio, pittore, scultore ed orafo fiorentino di grande talento. Quella del Verrocchio era indubbiamente la miglior Bottega dell’Arte di Firenze, tra gli apprendisti c'erano Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio e Lorenzo di Credi.  Questo fu l'ambiente in cui Leonardo apprese la sua arte.
Nella Bottega si esercitavano vari tipi di attività: dalla pittura e scultura alle arti cosiddette "minori". Ma soprattutto si praticava l'arte del disegno in modo talmente perfetto che, anche oggigiorno, è difficile sapere se un'opera è stata fatta da un Maestro o dal rispettivo allievo. Oltre che dipingere e scolpire, agli allievi venivano insegnate alcune nozioni di carpenteria, architettura, meccanica ed ingegneria.
Già nel 1472 Leonardo era riconosciuto come vero e proprio pittore autonomo. La sua prima opera è datata 5 Agosto del 1473 ed è intitolata Il Paesaggio sul Fiume.
Si tratta di un disegno realizzato con una veduta a volo di uccello e riprende la Valle del fiume Arno.
Fu anche il primo paesaggio vero e proprio, non solo lo sfondo di un dipinto.
 



 
Anche Leonardo venne coinvolto dal Verrocchio nella realizzazione di un dipinto … si trattava del Battesimo di Cristo, a lui venne assegnato l’ultimo angioletto in basso a sinistra. Leonardo lo dipinse così bene, (e a mio parere dipinse anche lo sfondo sfumato), che il Verrocchio spezzò i suoi pennelli, giurando che non avrebbe mai più dipinto! Ora questa è sicuramente una Leggenda Metropolitana, ma l’abilità del giovane pittore è evidentissima.
 
 







 
Dopo opportuni confronti forse era meglio che il Verrocchio si desse alla scultura!

Leonardo nacque vecchio?
 
 
 

Ma arriviamo ora ad un punto molto importante. Leonardo nacque vecchio? E a 15 anni aveva già l’aspetto di un vecchio cadente, che possiamo vedere nel suo presunto autoritratto eseguito a sanguigna? Questo intendo?

Ovviamente no, ma vorrei che rifletteste su un fatto: perché i grandi geni del passato sono sempre rappresentati con immagini che li ritraggono vecchissimi. Vi chiedo avete mai visto immagini giovanili di Charles Darwin o di Albert Einstein? Non credo proprio. Io ne ho parlato  QUI  nel mio Blog! Andate a dare un'occhiata …

 

 

Il bellissimo Leonardo

 
E allora che aspetto aveva Leonardo? Attorno ai 30 anni veniva descritto così da chi lo conobbe: era molto alto ed aveva un fisico prestante, il viso bellissimo era illuminato da grandi occhi chiari, molto dolci; aveva capelli biondi, che portava lunghi, facendo ricadere i riccioli sulla schiena.


Questo è convalidato da dipinti e sculture in cui lui appare, perché era così bello che spesso veniva usato come modello. Dove? Calma che ci arriviamo …


 Il Verrocchio lo usò come modello per la sua splendida statua del David.





Nella pala di Francesco Botticini: I tre Arcangeli Leonardo è San Michele che regge la spada.
 
 
 


 
 

E poi nella Adorazione dei Magi del Botticelli è il giovane vestito di bianco accanto a Lorenzo de’ Medici.
 
 




 
 

Terminando questo lungo excursus su Leonardo, diciamo che potrei accettare come sua immagine di quando era più agée questa realizzata dal suo Discepolo Francesco Melzi, che lo seguì ad Amboise …
 
 
 
 
Arrivederci Leonardo … ho un unico rammarico che non sia ancora stata inventata una Macchina del Tempo, che mi permetterebbe d’incontrarti  :(

 

lunedì 25 marzo 2019

Alla scoperta delle leggi della vita. Ritratti di Redi, Maupertuis, Trembley, Von Humboldt, Wallace, Mendel

Finalmente un testo interessante di Storia della Biologia

 
 
 
Ho avuto  modo in questo periodo di leggere il testo:
"Alla scoperta delle leggi della vita. Ritratti di Redi, Maupertuis, Trembley, Von Humboldt, Wallace, Mendel" di Federico Focher.
Si tratta di un testo che affronta biografie di Biologi, poco conosciuti al grande pubblico, vissuti tra il XVII e il XIX secolo. Le singole biografie sono molto interessanti ed inoltre, fatto unico nel panorama italiano, Focher riporta molti testi originali degli autori, essenziali a mio avviso per rendere la conoscenza completa. Ad esempio immagino che alcuni  di voi abbiano letto di Alexander Von Humboldt … bene il naturalista tedesco scrive meravigliosamente, tanto che non leggere i suoi testi è un vero peccato!
Per non tediare i miei lettori e per lasciare loro giustamente un po' di suspance … voglio parlarvi oggi solo del capitolo dedicato a Gregor Mendel. Ecco quindi  le mie considerazioni.
È sicuramente la biografia breve di Mendel più bella ed approfondita che ho letto finora.
L’aspetto psicologico del Monaco di Brno è analizzato in profondità, in particolare ho molto apprezzato la ricerca delle motivazioni delle diverse depressioni che Mendel  subì durante la vita.
Mendel venne bocciato per due volte allo stesso Esame, che avrebbe dovuto farlo diventare insegnante di ruolo, ebbene le cause del non superamento dei 2 Corsi abilitanti è veramente ben descritto.
Studiando la vita del Padre della Genetica, non avevo mai approfondito il periodo degli studi universitari a Vienna … Focher lo fa a ragione, perché questo  periodo spiega bene il modus agendi di Mendel nelle sue ricerche!
Aveva avuto la fortuna di avere insegnanti molto validi come … 
il fisico Christian Doppler da cui aveva imparato ad usare  il Metodo Sperimentale e a preparare gli apparati per gli esperimenti stessi; da Andreas von Ettinghausen apprese il calcolo combinatorio e la  Statistica.
Che dire poi di Unger che aveva aperto la  mente  di Mendel all’Evoluzionismo e lo aveva liberato dalle costrizioni creazioniste del Monastero!
 Dall’analisi del capitolo si evince come Mendel sia stato “un Monaco rubato alla Scienza”, per ragioni economiche ben inteso; anche in Inghilterra nello stesso periodo troviamo tanti personaggi che sono stati Pastori Anglicani, per poter portare avanti i loro studi come … John Steven Henslow, il mentore di Darwin e molti altri.
 
Buona lettura!
 
 
 

 

martedì 5 marzo 2019

Da IL NOME DELLA ROSA di Umberto Eco, un esempio di indagine scientifica


Propongo del Materiale Didattico, che ho creato ed usato per anni per valutare le capacità logico deduttive dei miei allievi di Quarta Liceo, prima di iniziare il programma di Chimica.
Naturalmente il Materiale può essere usato liberamente dai Docenti che sono interessati, chiedo solo di far menzione del mio nome e di postare un Link al mio Blog.
Buon lavoro!




La prima competenza da acquisire per poter iniziare correttamente lo studio di una materia scientifica è un atteggiamento mentale rivolto all’indagine, alla ricerca di possibili spiegazioni di un fatto. A questo scopo vi si propone la lettura e la successiva rielaborazione di un brano, tratto dal libro di Umberto Eco “Il Nome Della Rosa”. Ecco alcune informazioni utili alla comprensione del brano:

1 – Il periodo
      La vicenda è ambientata nel Medioevo, in particolare nel novembre dell’anno 1327.

2 – Il luogo
      Un’Abbazia posta sui monti tra Piemonte e Liguria

3 – I personaggi
      Frate Guglielmo da Baskerville, incaricato di una missione diplomatica, ex-inquisitore, si trova a dover indagare su una serie di misteriose morti avvenute nell’Abbazia. Adso da Melk, novizio       benedettino, accompagnatore di Frate Guglielmo e suo ammirato discepolo, è il narratore       di tutta  la vicenda.
 
4 – Il momento in cui si colloca il brano
      Guglielmo e Adso, dopo un lungo viaggio, sono giunti in vista dell’Abbazia e ne stanno      osservando l’imponente e geometrica struttura e i dintorni ricoperti da uno strato sottile di neve fresca.


 
PARTE PRIMA
Abitudine al gusto dell’osservazione
 
 ;Mentre i nostri muletti arrancavano per l’ultimo tornante della montagna, là dove il cammino principale si diramava a trivio, generando due sentieri laterali, il mio maestro si arrestò per qualche tempo, guardandosi intorno ai lati della strada, e sulla strada, e sopra la strada, dove una serie di pini sempreverdi formava per un breve tratto un tetto naturale, canuto di neve.
“Abbazia ricca,” disse. “All’Abate piace apparire bene nelle pubbliche occasioni.”
Abituato come ero a sentirlo fare le più singolari affermazioni, non lo interrogai. Anche perché, dopo un altro tratto di strada, udimmo dei rumori, e a una svolta apparve un agitato manipolo di monaci e di famigli. Uno di essi, come ci vide, ci venne incontro con molta urbanità: “Benvenuto signore,” disse, “e non vi stupite se immagino chi siete, perché siamo stati avvertiti della vostra visita. Io sono Remigio da Varagine, il cellario del monastero. E se voi siete, come credo, frate Guglielmo da Bascavilla, l’Abate dovrà esserne avvisato. Tu,” ordinò rivolto a uno del seguito, “risali ad avvertire che il nostro visitatore sta per entrare nella cinta!”
Il piacere dell’intuizione
“Vi ringrazio, signor cellario,” rispose cordialmente il mio maestro, “e tanto più apprezzo la vostra cortesia in quanto per salutarmi avete interrotto l’inseguimento. Ma non temete, il cavallo è passato di qua e si è diretto per il sentiero di destra. Non potrà andar molto lontano perché, arrivato al deposito dello strame, dovrà fermarsi. È troppo intelligente per buttarsi lungo il terreno scosceso…”
“Quando lo avete visto?” domandò il cellario.
“Non l’abbiamo visto affatto, non è vero Adso?” disse Guglielmo volgendosi verso di me con aria divertita. “Ma se cercate Brunello, l’animale non può che essere là dove io ho detto.”
 
L’interpretazione come conseguenza della minuziosa osservazione

  Il cellario ebbe un momento di esitazione, poi fece un segno ai suoi e si gettò giù per il sentiero di destra, mentre i nostri muli riprendevano a salire. Mentre stavo per interrogare Guglielmo, perché ero morso dalla curiosità, egli mi fece cenno di attendere: e infatti pochi minuti dopo udimmo grida di giubilo, e alla svolta del sentiero riapparvero monaci e famigli riportando il cavallo per il morso. Ci passarono di fianco continuando a guardarci alquanto sbalorditi e ci precedettero verso l’abbazia. Credo anche che Guglielmo rallentasse il passo alla sua cavalcatura per permettere loro di raccontare quanto era accaduto. Infatti avevo avuto modo di accorgermi che il mio maestro, in tutto e per tutto uomo di altissima virtù, indulgeva al vizio della vanità quando si trattava di dar prova del suo acume e, avendone già apprezzato le doti di sottile diplomatico, capii che voleva arrivare alla meta preceduto da una solida fama di uomo sapiente.
“E ora ditemi,” alla fine non seppi trattenermi, “come avete fatto a sapere?”
 
PARTE SECONDA
Questionario
Spiegate le seguenti affermazioni di Guglielmo da Baskerville: 
 1.      Le persone stavano inseguendo un cavallo
2.      Il cavallo si è diretto per il sentiero di destra
3.      Era il cavallo preferito dell’Abate
4.      Era nero di pelo
5.      Era alto 5 piedi
6.      Aveva una coda sontuosa
7.      I suoi zoccoli erano piccoli e rotondi
8.      Aveva un galoppo regolare
9.      Possedeva capo minuto, orecchie sottili e occhi grandi
10.  Il suo nome era Brunello
11.  Indagate per scoprire i collegamenti contenuti nei nomi dei due protagonisti: 
      Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk





 
PARTE TERZA
L’abilità nel ragionamento

“Mio buon Adso,” disse il maestro. È tutto il viaggio che ti insegno a riconoscere le tracce con cui il mondo ci parla come un grande libro. Alano delle Isole diceva che 
omnis mundi creatura
quasi liber et pictura
 nobis est in speculum
 

e pensava alla inesausta riserva di simboli con cui Dio, attraverso le sue creature, ci parla della vita eterna. Ma l’universo è ancor più loquace di come pensava Alano e non solo parla delle cose ultime (nel qual caso lo fa sempre in modo oscuro) ma anche di quelle prossime, e in questo è chiarissimo. Quasi mi vergogno a ripeterti quel che dovresti sapere. Al trivio, sulla neve ancora fresca, si disegnavano con molta chiarezza le impronte degli zoccoli di un cavallo, che puntavano verso il sentiero alla nostra sinistra. A bella e uguale distanza l’uno dall’altro, quei segni dicevano che lo zoccolo era piccolo e rotondo, e il galoppo di grande regolarità — così che ne dedussi la natura del cavallo, e il fatto che esso non correva disordinatamente come fa un animale imbizzarrito. Là dove i pini formavano come una tettoia naturale, alcuni rami erano stati spezzati di fresco giusto all’altezza di cinque piedi. Uno dei cespugli di more, là dove l’animale deve aver girato per infilare il sentiero alla sua destra, mentre fieramente scuoteva la sua bella coda, tratteneva ancora tra gli spini dei lunghi crini nerissimi… Non mi dirai infine che non sai che quel sentiero conduce al deposito dello strame, perché salendo per il tornante inferiore abbiamo visto la bava dei detriti scendere a strapiombo ai piedi del torrione meridionale, bruttando la neve; e così come il trivio era disposto, il sentiero non poteva che condurre in quella direzione.”
“    Sì,” dissi, “ma il capo piccolo, le orecchie aguzze, gli occhi grandi…”

    “Non so se li abbia, ma certo i monaci lo credono fermamente. Diceva Isidoro di Siviglia che la bellezza di un cavallo esige «ut sit exiguum caput et siccum prope pelle ossibus adhaerente, aures breves et argutae, oculi magni, nares patulae, erecta cervix, coma densa et cauda, ungularum soliditate fixa rotunditas». Se il cavallo di cui ho inferito il passaggio non fosse stato davvero il migliore della scuderia, non spiegheresti perché a inseguirlo non sono stati solo gli stallieri, ma si è incomodato addirittura il cellario. E un monaco che considera un cavallo eccellente, al di là delle forme naturali, non può non vederlo così come le auctoritates glielo hanno descritto, specie se,» e qui sorrise con malizia al mio indirizzo, «è un dotto benedettino…»”.
     "Va bene,” dissi, “ma perché Brunello?”
     "Che lo Spirito Santo ti dia più sale in zucca di quel che hai, figlio mio!” esclamò il maestro. “Quale altro nome gli avresti dato se persino il grande Buridano, che sta per diventare rettore a Parigi, dovendo parlare di un bel cavallo, non trovò nome più naturale?”

     Così era il mio maestro. Non soltanto sapeva leggere nel gran libro della natura, ma anche nel modo in cui i monaci leggevano i libri della scrittura, e pensavano attraverso di quelli. Dote che, come vedremo, gli doveva tornar assai utile nei giorni che sarebbero seguiti. La sua spiegazione inoltre mi parve a quel punto tanto ovvia che l’umiliazione per non averla trovata da solo fu sopraffatta dall’orgoglio di esserne ormai compartecipe e quasi mi congratulai con me stesso per la mia acutezza.